29 maggio 2018
La garanzia di conservazione del capitale alla scadenza è la condizione essenziale di una polizza vita che altrimenti è considerato un contratto di investimento finanziario ordinario e perde la natura assicurativa del prodotto. Questa è il contenuto della Sentenza della Corte di Cassazione n. 10333/2018 relativa alle polizze di Ramo III. Le conseguenze sono anche di carattere fiscale e nel campo del diritto successorio e riguardano un terzo del mercato delle polizze gli investimenti di molte famiglie.
Il ragionamento della Corte parte dalla precedente Sentenza n. 6061/2012, al di là della denominazione giuridica attribuita, l’identificazione come polizza vita con natura assicurativa avviene per quei prodotti in cui il rischio, dell’esistenza in vita dell’assicurato, è assunto dall’assicuratore: All’opposto è un contratto finanziario di investimento quando il rischio di performance è completamente a carico dell’assicurato.
A latere di questa importante definizione il Giudice ha anche puntualizzato che nel contratto assicurativo sottoscritto da due persone fisiche a mezzo di una fiduciaria, l’investitore non è da ritenersi la fiduciaria ma, bensì l’assicurato e cioè la persona fisica fiduciante e quindi l’intermediario finanziario è obbligato verso il fiduciante e non anche con la società fiduciaria.
A questo proposito assumono determinante valore normativo alcune pronunce della Consob (DI/98086703 del 4/11/1998 e DIN/6022348 del 20/3/0069 sulla possibilità, in base alla Legge n. 1966 del 1939, per le società fiduciarie, di interporsi ai fiducianti intestandosi contratti di investimento e di negoziazione e raccolta ordini per loro conto e rimanendo in capo diretto agli stessi la volontà contrattuale e le relative tutele.
L’eventuale inadeguatezza dell’operazione va riferita al fiduciante con conseguenza la risoluzione del contratto e quindi la restituzione del capitale e il risarcimento danni in caso di mancata comunicazione al cliente. Si sta trattando di contratti assicurativi con prestazioni legate al valore delle quote di fondi di investimento, indici azionari o altri valori di riferimento quali polizze unit linked e polizze index linked.
L’elemento differenziale dai prodotti tradizionali è dato dall’accollo all’assicurato del rischio finanziario derivante dall’oscillazione del valore delle quote mentre il rischio demografico risulta in capo all’assicuratore (Decisione della Commissione Europea del 12/1/2000, caso n. IV/M:1712, Generali /ina).
Altri aspetti differenziali riguardano il diverso trattamento tributario e i diversi regimi dei diritti dei creditori e degli eredi
Tra questi il Tax deferral a cui consegue il differimento della tassazione al riscatto parziale o totale della polizza con effetto il re-investimento anche dell’importo corrispondente all’imposta annua altrimenti da corrispondere. Infatti il risultato di gestione di un fondo comune è tassato annualmente sulle plusvalenze realizzate mentre il versamento dell’imposta per una polizza until linked avviene a fine contratto.
Per le imposte indirette il riferimento all’art. 12, comma 1, lettera c) del D. lgs. N. 346 del 31/12/1990
Con esplicita esclusione dall’attivo ereditario delle somme pagate per assicurazioni previdenziali volontarie o obbligatorie stipulate dal de cuius perché i premi delle polizze sono prestazioni dovute per contratti a favore di terzi ( art. 1411 Cod. Civ.)
Circa la successione ereditaria le indennità spettanti ai beneficiari non rientrano nel patrimonio del defunto in quanto sempre prestazione di contratto a favore di terzo e non per successione legittima o testamentaria.
La riqualificazione della polizza come prodotto finanziaria rischia di far perdere i vantaggi fiscali ed ereditari al sottoscrittore.
Inoltre l’articolo 1923 C.c recita che le somme dovute all’assicurato o contraente non sono sottoponibili ad azione esecutiva cautelare e anche in caso di fallimento sottratte alla revocatoria
Fallimentare. È altresì scontata l’impignorabilità e l’insequestrabilità di cui al Cod. Civ. ma, se la polizza linked non fosse riconosciuta come previdenziale bensì come speculativa, secondo corrente indirizzo giurisprudenziale, diventerebbe pignorabile e sottoponibile a sequestro preventivo e conservativo.
A seguire la sentenza
Sentenza n.6061/2012
Contratto di assicurazione sulla vita – Interpretazione del contratto
In tema di contratto di assicurazione sulla vita stipulato prima dell'entrata in vigore della legge n. 262 del 2005 e del D.Lgs. n. 303 del 2006, nel caso in cui sia stabilito che le somme corrisposte dall'assicurato a titolo di premio vengano versate in fondi di investimento interni o esterni all'assicuratore e che alla scadenza del contratto o al verificarsi dell'evento in esso dedotto l'assicuratore sarà tenuto a corrispondere all'assicurato una somma pari al valore delle quote del fondo mobiliare al momento stesso (polizze denominate unit linked), il giudice del merito, al fine di stabilire se l'impresa emittente, l'intermediario ed il promotore abbiano violato le regole di leale comportamento previste dalla specifica normativa e dall'art. 1337 c.c., deve interpretare il contratto al fine di stabilire se esso, al di là del nomea iuris attribuitogli, sia da identificare effettivamente come polizza assicurativa sulla vita (in cui il rischio avente ad oggetto un evento dell'esistenza dell'assicurato è assunto dall'assicuratore), oppure si concreti nell'investimento in uno strumento finanziario (in cui il rischio c.d. di performance sia per intero addossato sull'assicurato). Tale giudizio, in quanto rispettoso delle regole di ermeneutica contrattuale ed espresso con motivazione congrua e logica, non è sottoposto a censura in sede di legittimità.
Cassazione Civile, Sezione III, Sentenza 18-04-2012, n. 6061
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Svolgimento del processo
Il G. citò in giudizio la Ass.ni Internazionali di Previdenza spa, la Banca Fideuram spa ed il V. (rispettivamente, emittente, intermediaria e promotore finanziario) perchè: in via principale, fosse annullata, per propria incapacità naturale, la polizza vita del tipo unit linked, emessa dalla Fideuram ("Fideuram Grandi Patrimoni") e stipulata, per il tramite del V., con la Ass.ni Internazionali di Previdenza; in via subordinata, fosse dichiarata nulla la proposta di polizza per violazione del reg. CONSOB n. 11522/98; in ulteriore subordine, i convenuti fossero condannati al risarcimento del danno per somma corrispondente a quella persa a seguito del riscatto della polizza.
Il Tribunale di Asti respinse tutte le domande, sul presupposto che, ai sensi dell'art. 1444 c.c., il riscatto della polizza equivaleva a convalida del contratto e che gli unit linked erano da considerarsi strumenti assicurativi, ai quali solo la circolare ISVAP n. 551/05 aveva esteso le garanzie di trasparenza imposte per gli strumenti finanziari. L'appello proposto dal G. è stato accolto dalla Corte di Torino, la quale ha condannato in solido i tre convenuti al pagamento in favore del G. stesso della somma corrispondente a quella persa a seguito del riscatto della polizza, sulla base delle seguenti considerazioni:
a) ha escluso che il contratto fosse annullabile per stato d'incapacità naturale dello stipulante;
b) ha accolto il motivo d'appello tendente a sostenere la violazione degli obblighi di raccolta delle informazioni sull'investitore e di informativa sulle caratteristiche ed i rischi dell'investimento ed, in particolare, degli artt. 27, 28, 29, 36 e 96 del reg. Consob n. 11522/98 di attuazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, argomentando a riguardo che: al contratto in questione doveva applicarsi la medesima disciplina del citato decreto, allora vigente per gli strumenti finanziari; nella specie, non era stata effettuata la c.d. "profilatura" dell'investitore e s'era, dunque, verificata un'ipotesi di responsabilità precontrattuale. Propongono ricorso per cassazione: la Banca Fideuram spa attraverso otto motivi; in via incidentale e condizionata il G. attraverso un solo motivo;
incidentalmente la EurizonVita spa attraverso sei motivi; il V. attraverso nove motivi.
Motivi della decisione
I ricorsi devono essere riuniti, siccome proposti contro la medesima sentenza.
1) - IL RICORSO PRINCIPALE DELLA BANCA FIDEURAM SPA (RG 13192/10).
Il primo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 21, 23, 30, 31 e 100, (TUF), degli artt. 28 e 29 del Reg. Consob n. 1152298, del D.Lgs. n. 174 del 1995, artt. 30, 109, all. I, delle circolari Isvap nn. 71/87 e 317/98, dell'art. 1337 c.c., ed art. 11 preleggi. Sul presupposto che nella specie si controverte di un contratto assicurativo unit linked stipulato il 21 agosto del 2000 (dopo la sottoscrizione della proposta e la ricezione della nota informativa in data 29 giugno 2000), la Banca sostiene l'avvenuto rispetto degli obbligo nascenti al tempo dalla legge, dai regolamenti Consob e dalle circolari Isvap in fase di collocamento di siffatta polizza; obbligo consistente nella consegna della nota informativa (non contestata dall'attore) nella quale erano specificati l'elevato grado di rischio e la predominanza della componente azionaria. Aggiunge: che all'epoca le polizze unit linked, considerate prodotti assicurativi e non strumenti finanziari, erano espressamente escluse dall'applicabilità del TUF; che la stessa Consob, con comunicazione n. DI/99061789 del 13 agosto 1999, aveva auspicato per le polizze in questione l'adozione di cautele e regole di comportamento comparabili a quelle previste nel settore dei servizi di investimento, cosi implicitamente confermando che le norme dettate per questi ultimi non erano applicabili neppure in via interpretativa alle unit linked; che ancora oggi non è stata attuata una completa assimilazione tra strumenti finanziari e prodotti finanziari emessi da imprese assicurative, sicchè non tutte le disposizioni previste per i primi sono applicabili ai secondi; che la sentenza impugnata è dunque incorsa in errore di diritto nel ritenere applicabili al contratto oggetto del giudizio disposizioni normative la cui fattispecie è affatto diversa e nell'effettuare, sostanzialmente, un'arbitraria applicazione retroattiva di norme introdotte solo successivamente; che, in conclusione, non possono essere imputati profili di negligenza e di colpa a chi ha pedissequamente rispettato la normativa dell'epoca e le disposizioni delle autorità di controllo.
Il secondo motivo censura il vizio in cui sarebbe incorsa la motivazione della sentenza impugnata quando "snatura" dai caratteri assicurativi la polizza unit linked ed omette di valutare il "rischio demografico" in capo alla compagnia per il caso di esercizio di opzione da parte del contraente. Sostiene: che, anche ritenendo sussistente la componente finanziaria nella polizza in questione, non ne viene meno il carattere fondamentale, che è quello di assicurare al beneficiario un certo trattamento economico, sia pure con la valorizzazione delle quote di fondo risultanti in occasione dell'evento morte del contraente; che in capo alla compagnia assicuratrice incombe il "rischio demografico", inteso quale differenza tra la durata della vita del contraente e la durata media della vita, con la possibilità per il contraente in vita di esercitare una serie di opzioni (rendita annua - rendita annua e poi rendita vitalizia - rendita annua da corrispondere finchè entrambi gli assicurati sino in vita, reversibile a favore del sopravvivente) che, appunto, esaltano quel rischio.
Il terzo motivo censura la sentenza per violazione di legge laddove ha ritenuto ammissibile la domanda di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale proposta dal G., senza, invece, rilevare che tale domanda non era stata ritualmente introdotta.
Il quarto motivo ripropone la medesima questione del terzo sotto il profilo del vizio della motivazione. Il quinto motivo lamenta il vizio della motivazione intorno al fatto controverso costituito dalla "profilatura" del cliente. Sostiene la Banca che la sentenza si sarebbe in parte contraddetta ed in parte avrebbe omesso di motivare intorno al fatto che, per già trascorsi rapporti, il G. era persona ben nota all'intermediario per avere effettuato investimenti di un ingente patrimonio ed aver percepito forti guadagni proprio in ragione della forte componente azionaria del portafoglio. Egli possedeva altre somme di danaro (oltre quella investita nell'occasione) ed aveva una grossa esperienza finanziaria.
Il sesto motivo censura il vizio della motivazione in ordine all'adeguatezza dell'operazione del cliente. La Banca ribadisce sul punto che il G. aveva dimostrato in precedenza la propria abilità ed esperienza di investitore e che la polizza in questione corrispondeva esattamente alla sua esigenza di lasciare, alla sua morte, alle sole figlie le sue disponibilità liquide, escludendone la moglie. Il settimo motivo censura la sentenza nel punto in cui ritiene che il risarcimento per responsabilità precontrattuale deve essere commisurato al danno emergente costituito dal differenziale tra il capitale investito sotto forma di premio e la minor somma di esso recuperata all'esito del riscatto della polizza. Sostiene, invece, la Banca che il giudice avrebbe dovuto tener conto che l'esercizio della facoltà di riscatto ha interrotto anzitempo il contratto ed "avrebbe dovuto indagare, con giudizio prognostico, se tale danno fosse connaturato al contratto (ed è un fatto notorio che l'investimento azionario è un investimento di lungo periodo, potendoci essere alti e bassi elevati) o non ci sarebbe stato o ci sarebbe stato in misura nettamente inferiore se non ci fosse stato il riscatto da parte del prof. G.".
L'ottavo motivo sostiene che l'accoglimento del ricorso in trattazione coinvolgerebbe la statuizione resa dal giudice d'appello in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.
2) - IL RICORSO INCIDENTALE DI EURIZONVITA SPA. Il primo motivo sostiene che al collocamento delle polizze unit linked effettuato nell'anno 2000 non erano applicabili le regole poste in materia di servizi di investimento ed, in particolare, l'art. 21, comma 1, lett. b e l'art. 23, comma 6 del TUF, nonchè l'art. 28, comma 1, e art. 29 del Reg. Consob n. 11522/98. Al fondo dell'argomentazione svolta dalla società sta il concetto secondo cui le polizze assicurative unit link non rientrano nella categoria di strumento finanziario, sia perchè non ricomprese nell'elencazione normativa, sia perchè difettanti della destinazione alla negoziazione che caratterizza la categoria. In teoria, aggiunge, una polizza del genere avrebbe potuto essere considerata come prodotto finanziario, ma a ciò costituiva ostacolo l'esplicita esclusione prevista dall'art. 100, comma 1, lett. f) del TUF vigente nell'anno 2000. In questo senso, dunque, la sentenza tradirebbe la legge allorquando sceglie come criterio guida per discriminare tra prodotti assicurativi e prodotti finanziari il tipo di rischio, la sua collocazione a carico dell'una e dell'altra parte e la sua rilevanza causale. Sicchè - conclude la ricorrente - anche ad ammettere che le polizze unit linked dovessero considerarsi nel 2000 come prodotti finanziari, non ne conseguirebbe in alcun modo l'applicabilità al loro collocamento delle regole poste dal TUF in materia di servizi di investimento.
Il secondo motivo censura la sentenza per avere emesso condanna a titolo di responsabilità precontrattuale benchè questa causa petendi non fosse stata tempestivamente fatta valere dal G..
Il terzo motivo censura la sentenza sotto il profilo della violazione di legge per non aver considerato che il danno subito dal G. costituisce conseguenza immediata e diretta dell'esercizio, da parte sua, del diritto di riscatto, il quale avrebbe interrotto il nesso di causalità tra la perdita economica subita ed eventuali, pregressi comportamenti inadempienti della compagnia assicuratrice. Il quarto motivo pone la medesima questione del precedente motivo sotto il profilo del vizio della motivazione. Il quinto motivo censura la sentenza per non avere valutato se l'esercizio del riscatto non configuri un concorso di colpa da parte dell'assicurato ex art. 1227 c.c.. Il sesto motivo sostiene che l'accoglimento del ricorso comporta un diverso regolamento delle spese del giudizio di merito.
3) - IL RICORSO PRINCIPALE DEL V. (RG 13194/10);
Il primo motivo censura la sentenza per violazione del D.Lgs. n. 174 del 1995, e dell'allegata tabella in materia di assicurazione sulla vita, nonchè delle circolari ISVAP nn. 332/98, 71/87 e 317/98.
Sostiene il ricorrente che le disposizioni del decreto e delle circolari menzionati risultano nella specie rispettate attraverso la proposta della polizza in questione.
Il secondo motivo censura la violazione degli artt. 1 e 100 del TUF, nel senso che, nel testo allora vigente, le relative disposizioni non s'applicavano alle polizze unit linked (secondo la linea già prospettata dagli altri ricorrenti e sopra esposta).
Il terzo motivo lamenta la retroattiva applicazione dell'art. 25 bis del TUF e della relativa regolamentazione attuativa della Consob (del 15915/07), del D.Lgs. n. 209 del 2005, e della regolamentazione attuativa ISVAP (del. N. 551/05), nonchè la contraddittoria motivazione in ordine alla portata innovativa/ricognitiva della riforma. Il quarto motivo censura il vizio della motivazione in ordine al criterio guida utilizzato dal giudice per distinguere i prodotti assicurativi da quelli finanziari, allo snaturamento del carattere assicurativo della polizza in questione ed alla mancata valutazione del "rischio demografico" in capo alla compagnia per il caso di esercizio di opzione da parte del contraente.
Il quinto motivo censura la violazione dell'art. 21 TUF e dell'art. 29 del Regolamento citato in tema di valutazione d'adeguatezza della polizza. Inoltre, prospetta il vizio della motivazione circa la predetta valutazione.
Il sesto motivo lamenta la violazione di legge nel punto in cui la sentenza ha ritenuto che la domanda di risarcimento da responsabilità precontratzuale fosse contenuta nelle conclusioni di ulteriore subordine formulate dall'attore. Sostiene il ricorrente che il G. avrebbe formulato la domanda risarcitoria come mero corollario alla richiesta di declaratoria di nullità della polizza e che, comunque, manca il riferimento alla responsabilità contrattuale. Il settimo motivo lamenta la violazione dell'art. 23, comma 6, del TUF per avere applicato l'inversione dell'onere probatorio stabilito nella disposizione normativa al V., benchè questo non sia un soggetto abilitato (banca o SIM), bensì un promotore finanziario collaboratore del soggetto abilitato.
L'ottavo motivo censura il vizio della motivazione in ordine al mancato esame del nesso causale/concausale tra riscatto anticipato e danno e del concorso colposo del danneggiato.
Il nono motivo riguarda il diverso regime delle spese di causa che discenderebbe dall'accoglimento del ricorso.
4) - I motivi dei ricorsi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono in parte inammissibili ed in parte infondati.
Occorre premettere che la sentenza inquadra la vicenda nell'ambito della fattispecie normativa della responsabilità precontrattuale di cui all'art. 1337 c.c.. A tal riguardo, fa esplicito riferimento a Cass. S.U. 19 dicembre 2007, n. 26724, la quale, in tema di intermediazione finanziaria, afferma che la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipulazione del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti.
Che la domanda sia rivolta alla responsabilità precontrattuale la sentenza lo deduce (pag. 29) dalle conclusioni di ulteriore subordine formulate dall'attore "tese ad ottenere tout court e senza altra specificazione il risarcimento dei danni per le violazioni di legge lamentate, restando immutata sia la causa petendi, vale a dire le dedotte infrazioni del TUF e del regolamento Consob n. 11522/98, sia il petitum sostanziale...". Si tratta dell'interpretazione della domanda che, siccome sorretta da idonea motivazione, non è censurabile in cassazione.
Per individuare, dunque, i comportamenti in buona fede che avrebbero dovuto tenere le parti nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto (le norme di condotta eventualmente violate), la sentenza ha proceduto all'interpretazione della polizza in questione, per stabilire se essa avesse la natura di strumento assicurativo (come concretamente denominato) oppure di strumento finanziario (per le sue effettive caratteristiche). A questo punto bisogna subito rilevare che, avendo la questione natura prettamente interpretativa, gli ambiti del giudizio di cassazione sono limitati alla verifica del rispetto dei canoni ermeneutici e della correttezza della motivazione. Ambiti entro i quali sarà svolta la successiva trattazione dei motivi, pur essendo consapevole il collegio dell'ampio dibattito apertosi in dottrina e nella giurisprudenza di merito circa la natura, la caratteristica e gli effetti di siffatto tipo di polizze.
Quanto al primo profilo, nessuno dei ricorrenti (la Banca Fideuram, l'Eurizonvita ed il V.) ha censurato la sentenza per violazione delle norme che regolano l'interpretazione del contratto, essendo limitate le doglianze alla violazione di legge ed al vizio della motivazione. Quanto al secondo profilo, nessuno dei ricorrenti ha compiutamente trascritto la polizza in questione (come avrebbero dovuto in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione), sicchè la delibazione dei motivi rimane circoscritta alla rappresentazione che della polizza stessa è data in sentenza e nei motivi.
Ancora bisogna precisare che le censure riguardanti la retroattiva applicazione della legge che, successivamente alla stipulazione della polizza in oggetto, ha disciplinato la materia non sono pertinenti (come si vedrà meglio in seguito) rispetto al tenore della sentenza.
Questa, infatti, precisa (cfr. pagg. 21 e segg.) che la fattispecie soggiace alla disciplina applicabile ai prodotti del tipo unit linked in epoca antecedente: al D.Lgs. n. 205 del 2005, (Codice delle assicurazioni private); all'introduzione dell'art. 25 bis sui prodotti finanziario - assicurativi nel D.Lgs. n. 58 del 1998 (Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria);
alla coeva soppressione dell'art. 100, lett. f), dello stesso T.U., che espressamente escludeva i prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione dall'ambito applicativo delle norme sull'intermediazione finanziaria; alle deliberazioni Consob nn. 15915/07 e 16840/09, a loro volta modificative della delibera n. 11971/99; alla delibera ISVAP n. 551 del 1 marzo 2005, che estende a tali prodotti le garanzie di informazione e trasparenza a tutela dell'assicurato "sostanzialmente corrispondenti a quelle previste dai regolamenti Consob per gli strumenti finanziari".
Piuttosto, così definito il quadro normativo in cui si dibatte la questione, il giudice si avvale dell'ultima menzionata circolare ISVAP solo quanto alla definizione ivi contenuta del contratto unit linked, come contratto di assicurazione sulla vita in cui le prestazioni sono direttamente collegate al valore di attivi contenuti in un fondo interno, oppure al valore delle quote di OICR (organismi di investimento collettivo del risparmio). Contratti, dunque, in cui la prestazione a carico dell'assicuratore non è prefissata all'atto della stipulazione ma dipende, nel suo ammontare pecuniario, da un parametro costituito dal fondo d'investimento in cui confluisce il pagamento del premio. Aggiunge pure la sentenza che queste polizze possono assicurare una prestazione minima, o garantire il rimborso;
rimborso dipendente, però, dalla solvibilità degli organismi emittenti gli strumenti finanziari cui è collegato il rendimento, oppure ancora non garantire alcun rimborso in caso di perdita totale o parziale del capitale versato. Premessi questi concetti (rispetto ai quali non v'è alcuna sostanziale contestazione da parte dei ricorrenti), la sentenza (sempre diretta ad accertare quali avrebbero dovuto essere i comportamenti delle parti nello svolgimento della trattativa e nella formazione del contratto, secondo il paradigma dell'art. 1337 c.c.) procede alla ricerca della disciplina all'epoca (si ribadisce, all'epoca) applicabile a questi prodotti dalla natura mista: assicurativa e finanziaria al contempo; tenendo, dunque, conto dell'elemento "rischio" contenuto sia nel contratto di assicurazione, sia in quello d'investimento.
Quanto al rischio, è giuridicamente corretta l'affermazione secondo cui nel contratto d'assicurazione vita esso è assunto dall'assicuratore, il cui margine di profitto è direttamente proporzionale alla frazione di tempo intercorrente tra la stipula del contratto e l'evento della vita in esso dedotto. Nello strumento finanziario, invece, il rischio concernente la performance del prodotto è a carico dell'investitore e non dipende dal fattore tempo, bensì dalle dinamiche dei mercati mobiliari, dal rendimento del titolo e dalla solvibilità dell'emittente.
Altrettanto corretta è l'affermazione secondo cui la componente di rischio rileva in senso causale solo nel contratto d'assicurazione ("L'assicurazione è il contratto col quale l'assicuratore, verso pagamento di un premio, si obbliga... a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana", art. 1882 c.c.), mentre nel contratto d'investimento il rischio è estraneo alla causa e rientra nella normale alea contrattuale.
Sicchè, sulla base di un corretto fondamento giuridico e di una logica argomentazione, il giudice, per stabilire se la polizza della quale si discuta vada assimilata ad un prodotto assicurativo oppure ad uno finanziario (con i conseguenti obblighi di comportamento che ne derivano a carico dell'emittente, dell'intermediario e del promotore nella fase antecedente alla stipula), ha utilizzato l'elemento rischio, la sua collocazione a carico dell'una e dell'altra parte e la sua rilevanza causale.
A questo punto la sentenza procede all'attività interpretativa della polizza in questione, in ordine alla quale, lo si diceva in precedenza, gli ambiti del giudizio di cassazione sono ristretti al controllo del rispetto dei canoni ermeneutici ed al vaglio di eventuali vizi della motivazione. Si diceva pure che nessuno dei ricorsi in trattazione impugna la sentenza per violazione dei canoni ermeneutici, nè la polizza risulta compiutamente trascritta nei motivi di ricorso.
L'analisi della polizza conduce il giudice ad accertare che: il pagamento del premio avveniva i unica soluzione al momento della stipula; la prestazione a carico della compagnia era legata all'andamento di un fondo interno, scelto dal contraente tra quelli appositamente costituiti dalla stessa compagnia; il premio destinato all'investimento era pari a quello netto, decurtato del costo della copertura per il caso di morte; il premio era destinato all'acquisto delle quote del fondo; in caso di morte dell'assicurato era garantito il pagamento di una somma pari al controvalore delle quote del fondo interno associato alla polizza, presenti sulla polizza stessa al verificarsi dell'evento; in caso di morte, la compagnia garantiva il pagamento di un importo ottenuto moltiplicando il controvalore delle quote presenti sulla polizza per determinati coefficienti, correlati all'età dell'assicurato al momento del decesso. Così ricostruiti i termini del contratto, il giudice ne ha dedotto che esso non presentava alcuna assunzione di rischio da parte dell'assicuratore (il costo della copertura per il caso di morte era detratto dal premio netto; al beneficiario non erano garantiti nè un rendimento minimo, nè la restituzione del valore nominale del capitale versato al verificarsi dell'evento morte) e che piuttosto l'unico rischio era posto a carico dell'assicurato come conseguenza della maggiore o minore redditività del fondo le cui quote aveva acquistato. Ha, dunque, concluso che quello in questione era "un prodotto chiaramente del tipo unit linked, per essere la prestazione a carico della società di assicurazioni collegata al valore del fondo interno prescelto dal contraente e come tale assimilabile ad un fondo comune dfinvestimento, senza alcuna garanzia di esito non negativo della gestione e connotato da un livello di rischiosità dipendente dal tipo di fondo scelto dal contraente tra quelli appositamente costituiti dalla stessa compagnia di assicurazioni".
La conseguenza è stata l'applicazione della normativa all'epoca vigente per un ordinario prodotto finanziario ed, in particolare, degli artt. 21 e 23 del TUF (obbligo per gli operatori di acquisire dai clienti le informazioni ne-cessarie e di tenerli sempre adeguatamente informati; inversione dell'onere della prova, nei giudizi risarcitori, circa l'adozione della specifica diligenza prevista), nonchè degli artt. 28 e 29 del Reg. Consob 11522/98 (obbligo di profilatura dell'investitore circa la sua esperienza, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi e la sua propensione al rischio; obbligo per l'intermediario di astenersi dall'effettuare operazioni non adeguate per tipologia, oggetto, frequenza o dimensione).
L'esame della fattispecie concreta ha condotto il giudice ad accertare che la profilatura dell'assicurato/investitore non era stata affatto compiuta (con la correlata precisazione dell'irrilevanza del fatto che il G. fosse persona nota sia alla Banca, sia al promotore) e che, ad ogni buon conto, la scelta era caduta su un prodotto ad elevata rischiosità (riservato, secondo il prospetto dello stesso Fondo di riferimento, ad "un investitore che vuole massimizzare le opportunità di crescita del capitale nel tempo, accettando un grado elevato di rischio per il raggiungimento degli obiettivi"). Tutto questo nella considerazione finale che "se la ragione per cui l'attore si era indotto all'investimento era... di lasciare in morte alle sole figlie le proprie disponibilità liquide, escludendone la moglie, l'investimento non era neppure soggettivamente adeguato poichè implicava l'assunzione di un'elevata componente di rischio tutt'altro che necessaria allo scopo". A corollario di questa complessa argomentazione la sentenza impugnata fa riferimento alla legislazione successiva al contratto in questione al solo scopo di dimostrare che l'assimilazione dei contratti del tipo unit linked agli strumenti finanziari costituisce un esito normativo ormai acquisito. Ed al riguardo fa riferimento: alla L. n. 262 del 2005, la quale è intervenuta sul TUF abrogando l'art. 100, comma 1, lett. f), (che escludeva i prodotti assicurativi emessi da imprese di assicurazione dall'ambito applicativo della disciplina sulla sollecitazione all'investimento) ed inserendo l'art. 25 bis (che al comma 1, estende gli artt. 21 e 23 alla sottoscrizione ed al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione); al D.Lgs. n. 303 del 2006, il quale ha inserito nel primo comma dell'art. 1 del TUF la lett. w) bis, in base alla quale per prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione si intendono le polizze e le operazioni "le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o altri valori di riferimento", riferendosi, dunque, proprio alle polizze unit o index linked.
La considerazione conclusiva è che queste sopravvenute disposizioni normative nascono dalla ricognizione di dati economici preesistenti e dall'osservazione della funzione economico-giuridica da loro assolta, con la conseguenza che i contratti in questione anche prima non potevano essere considerati alla stregua di normali prodotti assicurativi.
5) - Alla maggior parte dei rilievi mossi nei motivi di ricorso si è già fin qui risposto, rilevando soprattutto che: le questioni proposte sono eminentemente interpretative, ma le parti non propongono censure sotto il profilo della violazione dell'ermeneutica contrattuale; la polizza non risulta compiutamente trascritta e, dunque, anche sotto il profilo del vizio della motivazione non è possibile delibare quelle censure che imprescindibilmente richiedono l'esame dell'atto; sotto il profilo della violazione di legge, s'è dato atto che il giudice ha puntualmente e correttamente configurato il quadro normativo che regge la vicenda ed ogni riferimento a disposizioni successive alla data di stipula della polizza ha il mero scopo, per un verso, di individuare la corretta definizione della polizza unit linked e, per altro verso, di corroborare approcci interpretativi che potevano essere tratti già prima dell'entrata in vigore delle novità legislative e regolamentari.
Quanto al "rischio demografice" (che, secondo le parti, non sarebbe stato adeguatamente valutato dal giudice) la mancata trascrizione della polizza impedisce alla Corte di cogliere il senso stesso della censura, al di là degli accenni (peraltro generici) contenuti nei motivi che ne trattano.
Quanto alla questione della "profilatura" s'è già dato conto della congrua e logica motivazione fornita in proposito e sul punto il controricorso del G. (non smentito dalle controparti) cita: un brano della nota informativa della Fideuram Grandi Patrimoni nella quale alla voce "Fondo interno" si legge che "è un patrimonio indiviso di strumenti finanziari, gestito professionalmente dalla società, nel quale confluiscono i premi destinati all'investimento";
il prospetto riassuntivo consegnato dal promotore all'assicurato, nel quale alcuni dei prodotti sono contrassegnati da un asterisco che rimanda alla nota a pie pagina dove si legge :"elencato come prodotto assicurativo, ma equiparabile a gestione patrimoniale" (cfr. pag. 31 del controricorso).
La distinzione, introdotta dalla Banca Fideuram, tra prodotti finanziari e strumenti finanziari non solo è poco comprensibile, per quanto non assume rilievo rispetto al tenore della decisione impugnata.
Quanto al fatto che il G. fosse persona nota agli operatori finanziari, la sentenza spiega compiutamente le ragioni per le quali la circostanza è irrilevante ai fini della omessa "profilatura" e soprattutto perchè il comunicato motivo di un simile investimento (lasciare tutto il patrimonio alla sua morte alle figlie, escludendone la moglie) imponeva agli operatori di segnalarne l'inadeguatezza in ragione dell'alta rischiosità.
Circa la quantificazione del danno, basti dire che i ricorrenti solo genericamente affermano che l'anticipato riscatto potrebbe essere stato di per sè causa del danno (o di un maggior danno) e che il giudice avrebbe dovuto indagare sul punto, senza neppure indicare quale sia stato l'andamento del fondo (al quale era collegata la polizza) in epoca successiva al riscatto stesso. Circostanza, questa, che rende inutile invocare il concorso di colpa del danneggiato.
Quanto al V., la sua responsabilità è stata desunta, quale promotore finanziario, in solido con l'intermediario e l'impresa emittente.
In conclusione i ricorsi della Banca Fideuramr dell'Eurizonvita e del V. vanno respinti in ragione del seguente principio di diritto:
In tema di contratto di assicurazione sulla vita stipulato prima dell'entrata in vigore della legge n. 262 del 2005 e del D.Lgs. n. 303 del 2006, nel caso in cui sia stabilito che le somme corrisposte dall'assicurato a titolo di premio vengano versate in fondi di investimento interni o esterni all'assicuratore e che alla scadenza del contratto o al verificarsi dell'evento in esso dedotto l'assicuratore sarà tenuto a corrispondere all'assicurato una somma pari al valore delle quote del fondo mobiliare al momento stesso (polizze denominate unit linked), il giudice del merito, al fine di stabilire se l'impresa emittente, l'intermediario ed il promotore abbiano violato le regole di leale comportamento previste dalla specifica normativa e dall'art. 1337 c.c., deve interpretare il contratto al fine di stabilire se esso, al di là del nomea iuris attribuitogli, sia da identificare effettivamente come polizza assicurativa sulla vita (in cui il rischio avente ad oggetto un evento dell'esistenza dell'assicurato è assunto dall'assicuratore), oppure si concreti nell'investimento in uno strumento finanziario (in cui il rischio c.d. di performance sia per intero addossato sull'assicurato). Tale giudizio, in quanto rispettoso delle regole di ermeneutica contrattuale ed espresso con motivazione congrua e logica, non è sottoposto a censura in sede di legittimità. Il ricorso incidentale del G. resta conseguentemente assorbito.
Gli alterni esiti dei giudizi di merito e la novità della questione trattata in questa sede consigliano l'intera compensazione, tra tutte le parti, delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi, respinge quelli della Banca Fideuram spa, dell'Eurizonvita spa e del V. e dichiara assorbito quello del G.. Compensa interamente, tra tutte le parti, le spese del giudizio di cassazione.