14 dicembre 2017
Uno dei vizi che più frequentemente può emergere dall’esame di un contratto bancario è la violazione della normativa dettata dal Testo Unico Bancario (D.Lgs 385/1993) in materia di trasparenza.Le più recenti pronunce della giurisprudenza di merito ed arbitrale (ABF – Arbitro Bancario Finanziario) hanno infatti sanzionato con la declaratoria di nullità del contratto bancario istituti di credito e società di leasing che hanno applicato ai rapporti condizioni differenti da quelle pubblicizzate, se non addirittura espressamente indicate nel testo contrattuale, o hanno omesso l’indicazione in contratto di contenuti obbligatori, espressamente previsti dalla legge per garantire al cliente la massima trasparenza e conoscenza del contenuto del contratto sottoscritto.La principale conseguenza di tale violazione è il ricalcolo del piano finanziario, o del saldo di conto corrente, nel caso di apertura di credito, con l’applicazione di tassi di interesse sostitutivi più vantaggiosi per il cliente, previsti dalla stessa norma (art. 117 comma VII T.U.B.), coincidenti per le operazioni passive con i tassi dei buoni ordinari del tesoro annuali emessi nell’anno antecedente alla sottoscrizione del contratto contestato.
La giurisprudenza. Dalla lettura congiunta dell’art. 117 comma VIII T.U.B. e dei regolamenti della Banca d’Italia (Circolare n. 229 del 21 aprile 1999 - 9° Aggiornamento del 25 luglio 2003 e provvedimento del 29 luglio 2009) consegue che un contratto bancario di mutuo, di finanziamento o di apertura di credito, che non riporti l’Indice Sintetico di Costo (I.S.C.) debba ritenersi nullo ai sensi del comma VIII dell’art. 117 TUB, riportando un contenuto difforme da quello prescritto dalla Banca d’Italia. Tale norma ha trovato un’importante applicazione da parte del Tribunale di Napoli, il quale con sentenza del 25/05/2015 ha dichiarato la nullità di un contratto di mutuo stante la mancata indicazione dell’I.S.C. evidenziando come esso “vada riportato nel documento di sintesi e che debba essere calcolato conformemente alla disciplina del TAEG.” e precisando che “L’evidenziata carenza determina la nullità del contratto. La norma appena richiamata consente, quindi, di ritenere che, quando il contratto presenta un contenuto difforme da quello che, relativamente a determinate categorie di operazioni è prescritto dalla Banca d’Italia, esso soggiace alla previsione di nullità”.
Con riferimento ai contratti di leasing la Banca d’Italia non richiede l’indicazione di un ISC, ma, il CICR con il provvedimento del 29/07/2003, dà specifiche indicazioni sul contenuto di tali negozi, prevedendo in particolare che “per i contratti di leasing finanziario in luogo del tasso di interesse è indicato il tasso interno di attualizzazione per il quale si verifica l’uguaglianza fra costo di acquisto del bene locato (al netto di imposte) e valore attuale dei canoni e del prezzo dell’opzione di acquisto finale (al netto di imposte) contrattualmente previsti”. Proprio in materia di leasing il Tribunale di Firenze, con ordinanza del 20/06/2016, ha sospeso la provvisoria esecuzione di un Decreto Ingiuntivo esecutivo rilevando la mancanza di certezza, liquidità ed esigibilità del credito azionato dalla società di leasing in conseguenza della diseguaglianza tra il tasso leasing indicato in contratto e quello realmente applicato nel piano finanziario del contratto contestato.