IL SOVRAINDEBITAMENTO

IL SOVRAINDEBITAMENTO

25 gennaio 2021

La Legge n. 3/2012 e il  nuovo Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)

Per sovraindebitamento si intende uno stato di crisi o di insolvenza in cui può trovarsi un contribuente persona fisica e consumatore, o ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale, ovvero a liquidazione coatta amministrativa, o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali.

Ormai già 9 anni fa, il Parlamento ha approvato la legge 27 gennaio 2012, n. 3, con la quale ha disciplinato una nuova tipologia di concordato per comporre le crisi di liquidità del singolo debitore, al quale non si possono applicare le ordinarie procedure concorsuali. Su tale disciplina è poi intervenuto il decreto-legge 179 del 2012 che ha modificato alcuni punti della procedura e ne ha esteso l’applicazione al sovraindebitamento del consumatore in quanto ogni crisi merita ugual ascolto e specifiche risposte.

Legge n. 3 del 27 gennaio 2012. Disposizioni in materia di usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento. Il debitore.

L’istituto della composizione delle crisi da sovraindebitamento nasce per far fronte a “una situazione di perdurante squilibrio economico fra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte” che definisce la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni.

La legge sul sovraindebitamento (Legge n. 3 del 27 gennaio 2012) concede quindi a chi è in gravi difficoltà economiche di liberarsi dai debiti, diminuendone l’ammontare, e dilazionando i pagamenti, attraverso una procedura presso il tribunale chiamata esdebitazione.

Il provvedimento profila una sorta di procedura concorsuale, modellata sull’istituto del concordato fallimentare, applicabile a soggetti diversi dagli imprenditori commerciali, infatti, per poter accedere alla procedura di esdebitazione occorre:

·      essere un soggetto non fallibile o essere un debitore che non svolge attività imprenditoriali o professionali (condizione soggettiva);

·      trovarsi in una situazione di sovraindebitamento, ovvero aver contratto debiti che non più fronteggiabili (condizione oggettiva).

Nel dettaglio, la legge prevede lo strumento dell’accordo con i creditori, su proposta del debitore, sulla base di un piano di ristrutturazione dei debiti che garantisca il regolare pagamento dei creditori estranei. Il ricorso proposto, viene sottoposto alla verifica preliminare da parte del Tribunale, in merito al fatto che il piano del consumatore o la proposta dell’accordo non devono violare norme imperative. Si definisce così il procedimento finalizzato all’omologazione da parte del giudice dell’accordo, che presuppone l’accettazione da parte dei creditori che rappresentino almeno il 70% dei crediti (ora, a seguito del DL 179/2012, il 60%) e prevede il coinvolgimento degli “organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento”. Con l’aiuto dell’organismo di composizione della crisi (OCC), il Tribunale infatti valuta meritevolezza, fattibilità e convenienza della domanda.

Decreto-Legge 18 ottobre 2012, n. 179. Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese. Il consumatore.

A seguito della DL 179/2012 è stato introdotto un ulteriore procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento del consumatore, che viene definito come il “debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”. Egli potrà - con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi - sottoporre al giudice un piano di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti.  Nel piano proposto dal consumatore non è prevista l’approvazione da parte dei creditori del consumatore.

La disposizione definisce il consumatore come persona fisica; tale precisazione non è prevista per il debitore, in quanto quest’ultimo può essere una persona giuridica o un ente di fatto.

Inoltre, il decreto legge impone una serie di disposizioni comuni ad entrambi i procedimenti (procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento del debitore e del consumatore) influendo sul contenuto del piano, considerando la possibilità di un pagamento anche non integrale dei creditori privilegiati (con l’esclusione di determinati crediti tributari e previdenziali, dei quali è possibile la sola dilazione di pagamento).

L’art. 9 stabilisce la sospensione degli interessi legali una volta depositata la proposta del debitore o del piano del consumatore, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, pegno o privilegio.

L’articolo 18, che riforma complessivamente il Capo II della legge 27 gennaio 2012, n. 3, inserisce poi la possibilità di una procedura alternativa, di liquidazione (14-ter a 14-terdecies, dedicata alla liquidazione del patrimonio) di tutti i beni del debitore, anche se consumatore, e subordina al verificarsi di determinate condizioni e a uno specifico giudizio del tribunale l’effetto di esdebitazione per i crediti non soddisfatti.

Il suddetto articolo 14-ter, rubricato, stabilisce che il debitore, quando si trova in una situazione di sovraindebitamento, non è soggetto ad una procedura concorsuale diversa da quella disciplinata dalla legge n. 3/2012 e non ha già fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, alla procedura di composizione della crisi, può avanzare una proposta alternativa formulando domanda di liquidazione di tutti i propri beni.

L’articolo 14-quater riconosce poi la possibilità di convertire la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento in quella di liquidazione del patrimonio del debitore (anche consumatore). La conversione è disposta con decreto del giudice (v. art. 14-quinquies) su istanza del debitore o di uno dei creditori in presenza di determinati requisiti.

Inoltre il nuovo comma 2-bis dell’art. 7 della suddetta legge introduce una deroga per l’imprenditore agricolo che,  nonostante la fallibilità, potrà ugualmente giovare anche alla composizione delle crisi da sovraindebitamento.

Il Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14)

La nuova disciplina che, tra gli altri istituti, si occupa anche del sovraindebitamento, doveva entrare in vigore nell’agosto del 2020, ossia decorsi diciotto mesi dalla data della sua pubblicazione in G.U, come previsto dall’art. 389 d.lgs. 14/2019 fatta eccezione per alcune disposizioni normative in vigore già dal 16 marzo 2019, come previsto dal comma 2 del medesimo articolo (trattasi in particolare di: comma primo dell’art. 27, art. 350, art. 356, art. 357, art. 363, art. 364, art. 366, art. 375, art. 377, art. 378, art. 379, art. 385, art. 386, art. 387 e art. 388).

Con l’art. 5 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23, più comunemente conosciuto come Decreto Liquidità, l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa slitta dal 15 agosto 2020 al 1 settembre 2021.

Slittamento determinato dalla situazione economico-finanziaria legata all’epidemia da Covid-19.

Il rinvio dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 14/2019 riguardando anche il sistema di allerta, rivolto all’emersione anticipata della crisi delle imprese. La situazione di crisi attuale non permetterebbe infatti di riconoscere le reali situazioni di crisi (trattandosi di una crisi generalizzata) né di realizzare una reale selezione tra i soggetti che vertono in uno stato di crisi derivante dall’attuale crisi economico-sanitaria e quelli che già versavano in uno stato di crisi.

Per ovviare a tale problema il legislatore ha quindi provveduto con l’emanazione di diverse Leggi con il fine di sostenere i lavoratori e le imprese. Una di queste è la Legge n. 176/2020, pubblicata in Gazzetta Ufficiale, con entrata in vigore dal 25 dicembre 2020, che reca la “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica  da  Covid-19” con la quale il legislatore ha introdotto importanti novità in relazione alla Legge sul sovraindebitamento (L. 3/2012).

Si è quindi scelto di riattualizzare la legge n. 3 del 2012, e questa appare essere una chiara indicazione che il Codice è forse destinato a non entrare mai in vigore.

Il nuovo Codice della Crisi d’Impresa (CCI) in ogni caso definisce il sovraindebitamento, inserendo nuovi soggetti che possono usufruire di tale istituto, come “lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative […] e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza” (art. 2 lett. c) d.lgs. 14/2019). 

In caso di sovraindebitamento, il nuovo Codice della Crisi d’Impresa (CCI) prevede che i soggetti non passibili di liquidazione giudiziale possono ricorrere a tre procedure:

·      il piano di ristrutturazione dei debiti (artt. 67-73), riservato al consumatore (sostituisce il “piano del consumatore”);

·      il concordato minore (artt. 74-83), rivolto al professionista, all’imprenditore minore, all’imprenditore agricolo e alle start-up innovative (sostituisce “l’accordo di composizione della crisi);

·      la liquidazione controllata del debitore (artt. 268-277) rivolta al consumatore, al professionista, all’imprenditore minore, all’imprenditore agricolo e alle start-up innovative (sostituisce la “liquidazione del patrimonio”).

Importante novità è che la definizione di consumatore è più ampia rispetto a quella contenuta nella legge 3/2012 (art. 6 c. 2 lett.b), infatti, riguarda anche i soci illimitatamente responsabili di:

·      società in nome collettivo (s.n.c.);

·      società in accomandita semplice (s.a.s.);

·      società in accomandita per azioni (s.a.p.a.).

Il CCI parifica al consumatore i soci delle compagini sociali suesposte, purché si tratti di debiti estranei a quelli sociali (art. 2 lett. e, d. lgs. 14/2019) e purché non rechi pregiudizio ai creditori sociali.

Inoltre, è previsto che la procedura estenda i propri effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili (art. 65 c. 4 d. lgs. 14/2019).

Ulteriore novità sono le procedure familiari. È palese, infatti, che la crisi di un familiare condizioni negativamente l’intera famiglia, così viene riconosciuta al debitore la possibilità di presentare un unico progetto di risoluzione della crisi, se si avverano due condizioni:

1.   quando i membri della famiglia siano conviventi;

2.   quando il sovraindebitamento abbia un’origine comune, (es. situazione debitoria derivante da una successione ereditaria).

A questa procedura, non può invece accedervi il consumatore che:

- nei 5 anni precedenti sia già stato esdebitato;

- per 2 volte abbia già usufruito dell’esdebitazione;

- abbia provocato la situazione di sovraindebitamento per colpa grave, mala fede o frode.

Quando uno dei debitori non risulti essere consumatore, invece, si applica la disciplina del concordato minore, giacché si tratta di una procedura che tutela maggiormente i creditori, dal momento che è richiesta la loro approvazione, invece non prevista nel piano di ristrutturazione.

Nonostante la trattazione unitaria della situazione di crisi, la norma precisa che le masse attive e passive, pur presenti nello stesso piano, restano distinte (art. 66 c. 3 d. lgs. 14/2019).

Invece il procedimento di liquidazione controllata che si svolge dinnanzi al Tribunale, la cui competenza territoriale è indicata nell’art. 27 c. 2 d. lgs. 14/2019 prevede la presentazione di una domanda presso l’Organismo di Composizione della Crisi il cui intervento è obbligatorio.

Il debitore può domandare al tribunale competente la liquidazione controllata dei propri beni. Possono essere liquidati tutti i beni del patrimonio del soggetto indebitato, con le seguenti esclusioni: 

a) i crediti impignorabili ai sensi dell'articolo 545 c.p.c. (es. crediti alimentari, crediti con oggetto  sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell’elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza);

b) i crediti aventi carattere alimentare e di mantenimento, gli stipendi, le pensioni, i salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività nei limiti, indicati dal giudice, di quanto occorre al mantenimento suo e della sua famiglia;

c) i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall'articolo 170 del c.c.;

 d) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.

Inoltre come indicato del nuovo comma 7-bis dell’art.14-ter Legge n. 3/2012, aggiunto dalla Legge n. 176/2020 il decreto di apertura della liquidazione della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, introducendosi così una disposizione del tutto analoga a quella prevista dall’art. 147 Legge Fallimentare quanto all’estensione del fallimento dichiarato per la società ai soci illimitatamente responsabili, così come confermato anche dalla recente pronuncia del Tribunale di Forlì del 07.01.2021. In ragione di tale nuova disposizione, applicabile alla suddetta procedura, la competenza territoriale è individuata nella sede della società per tutti i soci illimitatamente responsabili, ai quali si estendono gli effetti, indipendente dal diverso luogo di residenza di questi ultimi.

Si segnala ora l’art. 268 comma 2 del nuovo Codice della Crisi d’Impresa (CCI) “la domanda può essere presentata da un creditore anche in pendenza di procedure esecutive individuali e, quando l'insolvenza riguardi l'imprenditore, dal pubblico ministero”.

Alla luce di quanto appena esposto, si evidenzia che se la liquidazione del patrimonio (ex artt. 14-ter e ss.), oggi prevista, può essere chiesta solo dal debitore, con l’entrata in vigore del  d.lgs. n. 14/2019 viene estesa tale possibilità anche ai creditori e al Pubblico Ministero (quest’ultimo solo se si tratta di impresa) i quali possono richiedere quindi l’apertura della liquidazione controllata (procedura sostanzialmente analoga al fallimento/liquidazione giudiziale).

Conseguenza di ciò è che tale condizione affievolisce la differenza tra piccole e grandi imprese, in quanto i limiti dimensionali non precluderanno ai creditori di chiedere l’apertura di una procedura concorsuale coattiva sul patrimonio dell’impresa (liquidazione controllata). Sul punto si segnala inoltre che non essendo stata fatta espressa esclusione si ritiene che quanto detto possa valere anche nei confronti del debitore persona fisica (consumatore), purché in stato di insolvenza. Ciò potrebbe dare origine a situazioni in cui un qualsiasi creditore (es. banca che ha erogato un mutuo ipotecario) invece di agire individualmente possa chiedere l’apertura di una procedura concorsuale coattiva sui beni del debitore.

In conclusione si ritiene, considerando la possibile ed eventuale non entrata in vigore del Codice della Crisi d’Impresa (CCI), che il legislatore, con l’introduzione di quest’ultimo e leggi modificative e integrative alla Legge 13/2013, abbia voluto tutelare maggiormente il debitore persona fisica, le imprese agricole e le imprese commerciali minori, creando però allo stesso tempo una palese incoerenza poiché consente ai creditori di chiedere a proprio piacerecon l’eccezione derivante dalla verifica dello stato di insolvenza, che il patrimonio venga liquidato coattivamente.